Tratto da arlequins.it
Recensione di Peppe Di Spirito
Il nome di Lello Brandi è legato a quello dei grandi
Osanna, gruppo nel quale è stato presente come bassista
in album che hanno fatto la storia del prog italiano. L’unica
esperienza di Brandi come solista risale al 1975, quando preparò
un quarantacinque giri che tuttavia non fu mai pubblicato. Sono
passati tanti anni da quella data e, a sorpresa, il musicista
partenopeo si riaffaccia sulle scene musicali con un nuovo lavoro
discografico. Il titolo “Osanna blues” dice già
molto sul contenuto del prodotto che presenta per l’occasione:
una virata verso il blues, ma senza perdere certi connotati
che distinguevano la mitica band capace di splendide contaminazioni
negli anni ’70. La nota curiosa è che Brandi si
presenta senza imbracciare il basso, ma come chitarrista e cantante
(oltre che come compositore), mostrando discrete doti in entrambi
i ruoli. Ad aiutarlo, un nutrito numero di colleghi, tra cui
spiccano nomi noti agli appassionati prog, tra i quali ricordiamo
Lino Vairetti, Sophya Baccini e Agostino Marangolo. Analizzando
velocemente i brani dell’album, notiamo che l’apertura
è affidata a “Senza ‘na lira”, un rock-blues
suggestivo cantato da Brandi in napoletano, con i fiati dal
sapore funky ed una bella chitarra sanguigna, a cui segue il
pop di buona fattura di “Noi”. “Napoli va”
è una sorta di dichiarazione d’amore dai sapori
blues verso una città ricca di contraddizioni, tra bellezze
e difficoltà, e può ricordare il miglior Pino
Daniele. A questo punto c’è l’omaggio agli
Osanna, con una piacevole versione della celebre “There
will be time” (dove spiccano soavi voci femminili), che
poi si fonde in medley con “I know I know” per un
rock di classe. “Osanna blues” e “Garbage”
sono due episodi strumentali molto vivaci, dove la chitarra
può duettare con gli altri strumenti fondendo più
stili e spingendosi in solos caldi e brillanti. “Daddy”
è un intrigante episodio di rock moderno, apprezzabile
anche per i controcanti di Vairetti e della Baccini. L’unica
traccia che non convince è “Isla negra”,
canzone latino-americana che sembra un po’ slegata dal
contesto. Il cd dura poco più di mezz’ora, ma riesce
a catturare e convincere fin dal primo ascolto. Forse per capire
bene il significato di quest’album bisogna riprendere
un pensiero di Neruda che Brandi ha voluto citare nel booklet:
“E’ tardi in questa età per un inizio e tuttavia
questo è il mio sentire. Esco di nuovo, qui, come altre
volte, a cantare, suonare… qui inizio. Forza non v’è
che mi farà tacere salvo la triste immensità del
tempo…”. E’ questo lo spirito con cui Brandi
si ripresenta sulle scene e noi riaccogliamo questo ritorno
con lo stesso calore e lo stesso sentimento con cui il musicista
si propone oggi.